Competenze

L’emergenza sanitaria dell’ultimo anno, quando non ha messo in condizione le imprese di licenziare, ha portato milioni di lavoratori a scoprire lo smart working emergenziale. Tutto ciò, se da un lato ha stimolato l’alfabetizzazione tecnologica, dall’altro, con il venire meno di occasioni di mutuo scambio ed apprendimento, rischia oggi di depotenziare anche il “valore formativo” dell’esperienza lavorativa, indebolendo le competenze verticali (hard skill). A ciò si aggiunge la platea crescente dei lavoratori che sono già fuori dal mercato del lavoro, e che rischiano di esserlo non appena il blocco dei licenziamenti verrà meno. Qualsiasi ipotesi di ripensamento delle politiche attive non può esimersi dalla revisione degli strumenti necessari per favorire l’inserimento occupazionale, prima fra tutti la formazione. Re e up skilling devono diventare le parole d’ordine delle politiche aziendali e pubbliche in materia di lavoro. Come favorire, dunque, una maggiore formazione della popolazione adulta? Quali politiche, meccanismi incentivanti o premiali, possono essere messi in campo per stimolare la partecipazione ad attività formative di imprese e lavoratori?