Zanetti, 'In questa nuova fase della vita sto studiando'

Videomessaggio del vicepresidente dell'Inter

"Quando l'Inter mi ha detto che dovevo essere vicepresidente, grandissima felicità da parte mia: ma allo stesso tempo mi sono reso conto che era una grandissima responsabilità. Era finito un percorso calcistico molto importante dopo 25 anni, si chiudeva una parentesi e se ne apriva un'altra: iniziare completamente da zero, sempre legato al calcio però come manager. Tanti miei ex colleghi fanno l'allenatore, io volevo fare il manager e soprattutto non il manager solo del lato sportivo: volevo avere una visione più ampia, a 360 gradi. Mi dovevo preparare: per questo ho iniziato un percorso di formazione all'università Bocconi, dove continuo a studiare, dove sto imparando tanto". Lo ha detto Javier Zanetti, vicepresidente dell'Inter, in un videomessaggio inviato alla giornata conclusiva del Festival del Lavoro, organizzato a Firenze dal Consiglio nazionale dell'Ordine dei Consulenti del Lavoro.

"Devo dire che mi trovo in una fase della mia vita molto importante, perché mi sto rendendo utile per il mio club, non soltanto nella parte sportiva, ma nelle diverse aree che il nostro club ha e dove può crescere - ha aggiunto Zanetti - Dare il mio contributo in diverse aree che, quando giocavo non conoscevo, questo di sicuro mi arricchisce". "Studiare è fondamentale, imparare anche dalle persone che hanno più esperienza di te - ha concluso Zanetti -. Di sicuro il calcio insegna: io sono membro della Fifa, della Uefa e della Conmebol, conosco tantissime persone dalle quali io posso tranquillamente imparare, ascoltare e poi mettere in pratica durante la mia vita quotidiana".

(Zto/Adnkronos)
 

IA: Zanetti, 'Bisogna adeguarsi e bisogna capire il momento che uno sta vivendo'

"Bisogna adeguarsi e bisogna capire il momento che uno sta vivendo. La tecnologia sta avanzando molto velocemente: allora uno si adatta, si adegua e mette a disposizione il suo talento, perché ognuno di noi ha un talento. Basta metterlo a disposizione, però sempre con la cultura del lavoro". Lo ha detto Javier Zanetti, vicepresidente dell'Inter, in un videomessaggio inviato alla giornata conclusiva del Festival del Lavoro, affrontando il tema delle sfide della intelligenza artificiale.

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Zanetti, 'La leadership si conquista con l'esempio, non con le parole'

"Bisogna dare l'esempio: io lo dimostravo ai miei compagni con i fatti, non con le parole, il cammino che dovevamo seguire. I miei compagni credevano in me, perché sapevano che tutto quello che facevo era in funzione del bene del gruppo e non per interesse personale. Con esempio, rispetto, senso di appartenenza, responsabilità, spirito di sacrificio, generosità: quando tu fai parte del gruppo devi cercare tutte queste componenti per poter arrivare agli obiettivi". Lo ha detto Javier Zanetti, vicepresidente dell'Inter, in un videomessaggio inviato alla giornata conclusiva del Festival del Lavoro, parlando dell'importanza della leadership nei contesti formativi.

"La correttezza prima di tutto, il rispetto anche per gli avversari, per i colleghi, sempre - ha aggiunto Zanetti -. Sono i valori che mi hanno trasmesso i miei genitori fin da bambino, li ho portati durante la mia carriera calcistica e li continuo a portare adesso come dirigente. Io credo che il rispetto sia fondamentale. La cosa che mi piace di più è che dopo aver smesso di giocare a calcio vengo riconosciuto per questi valori, al di là della maglia. Il mondo del calcio è talmente ampio e ha una risonanza importante a livello mondiale: il fatto che mi riconoscano per questo, per me è un motivo d'orgoglio". "Ogni volta che sollevavo un trofeo, che per fortuna sono stati tanti, a me piaceva sempre ricordare il percorso che avevo fatto fin da bambino per arrivare lì - ha concluso Zanetti -. Ogni volta che io sollevavo un trofeo la mia mente, il mio cuore, tornavano a quel bambino che sognava di diventare calciatore. Piedi per terra sempre, grandissima umiltà e spirito di sacrificio, perché senza sacrificio non si ottiene nulla".


Zanetti, 'per diventare manager serve dare l'esempio'

“Cultura dell’esempio e del lavoro, rispetto, senso di apparenza, responsabilità e spirito di sacrifico: bisogna dare l’esempio. Mostravo ai miei compagni di squadra con i fatti il cammino da seguire e loro mi seguivano, perché ragionavo per il bene comune. Oggi faccio lo stesso con i colleghi in altre vesti”. Parola di Javier Zanetti, bandiera dell’Inter, ora vicepresidente del club, intervistato in occasione del Festival del Lavoro a Firenze da Rosario De Luca, Presidente del Consiglio Nazionale dell'Ordine dei Consulenti del Lavoro.

“Quando l’Inter mi ha chiesto di diventare il vicepresidente ero molto felice, ma mi resi conto della grande responsabilità – ammette l’argentino classe ’73 -. Si stava chiudendo un percorso calcistico lungo 25 anni e ne stava iniziando un altro da zero e mi sono dovuto preparare”. Dagli allenamenti ai libri, dalle riunioni tattiche alle call: “Bisogna adeguarsi, capire il momento. La tecnologia sta avanzando velocemente e bisogna adattarsi mettendo a disposizione il proprio talento con la cultura del lavoro”. Senza mai improvvisare nulla: “Studiare è fondamentale come lo è imparare delle persone che hanno più esperienza”. Arrivato a Milano nel 1995 dal Banfield, ha collezionato fino al 2014, anno del suo ritiro, ben 858 presenze con l’Inter, vincendo cinque scudetti, quattro Coppe Italia, quattro Supercoppe Italiane, una Champions League, un Mondiale per club e una Coppa Uefa. Appesi gli scarpini al chiodo ha preferito la scrivania alla panchina: “Tanti ex calciatori fanno gli allenatori, mentre io volevo fare il manager – spiega Zanetti - con una visione più ampia, a 360 gradi e sapevo che mi sarei dovuto preparare, avrei dovuto studiare. Ho iniziato percorso di formazione la Bocconi dove continuo a studiare e sto imparando tanto. Mi sento utile per il mio club in diverse aree che prima neanche conoscevo”.

In Argentina, da bambino, dalle 4 alle 8 di mattina consegnava il latte, poi si andava allenare: “Il mio sogno – svela Pupi - è nato in un quartiere di periferia. Ogni volta che ho sollevato un trofeo mi sono ricordato del percorso fatto per arrivare fin lì. Bisogna stare con i piedi per terra e avere umiltà. Senza sacrificio non si ottiene nulla”. Parole da leader carismatico, ma corretto e leale: in 19 anni di partite Italia l’argentino è stato espulso solo una volta in A. Un record niente male. “La correttezza viene prima di tutto, insieme al rispetto per gli avversari e ai colleghi portando sempre con me i valori trasmessi dai miei genitori. Essere riconosciuto ancora oggi per questi valori è motivo di grande orgoglio”.

(Red-Spr/Adnkronos)